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BRUXELLES E MOSCA DIVISE DAL 9 MAGGIO

STRASBURGO – I fantasmi del passato riaffiorano in questo 9 maggio con un bagaglio carico di tragedia e incertezze. Una data in cui ognuno si arrocca sulle proprie posizioni come se i tanti anni che ci separano dalla fine della seconda guerra mondiale fossero passati invano e non abbiano insegnato nulla.

 Davanti a Vladimir Putin sulla Piazza Rossa oltre un milione di persone ha partecipato al cosiddetto ‘Reggimento immortale’, la sfilata di cittadini russi con i ritratti dei loro antenati che parteciparono alla ‘Grande guerra patriottica’ contro il nazismo. Una lotta, ha fatto capire Putin, che non è ancora finita e continua in Ucraina contro chi stava tentando di minacciare la sicurezza della Federazione russa alle sue frontiere. Nelle stesse ore il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in una visita lampo a Odessa, era costretto a ripararsi in un rifugio antiaereo per un allarme causato da un raid missilistico russo, una fuga d’emergenza che ha interrotto il suo incontro con in premier ucraino Denys Shmygal.

Un 9 maggio molto diverso a Strasburgo per la sessione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa. Il presidente francese Emmanuel Macron presidente di turno dell’Unione europea, insieme alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e alla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha disegnato il primo abbozzo delle riforme istituzionali che dovrebbero dare all’Unione meccanismi decisionali più efficaci. Si è letto, nelle parole di Macron, un registro molto diverso rispetto alle posizioni francesi di soli pochi mesi fa. Non più geometrie variabili sui diversi dossier e un rapporto privilegiato ed esclusivo da tutelare ad ogni costo con Berlino ma un consistente pacchetto di politiche (dall’unione politica al Patto di stabilità, dalla dimensione esterna al primo nucleo di un esercito europeo) da condividere tra un gruppo di Paesi che facciano da apripista: Francia, Germania, Italia ma anche Spagna, Portogallo, Belgio e Lussemburgo. Un vagone di testa che dovrà assumersi la piena responsabilità di traghettare la Ue nei prossimi anni per affrontare le sfide che la attendono, dalla crisi ucraina alla lotta alle pandemie alla transizione energetica.

Macron: riformare i Trattati

Macron parlando a Strasburgo per la sessione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa è chiaro: “di fronte alle necessità poste dal contesto attuale – dice il presidente francese –  bisognerà anche riformare i nostri testi, è evidente. E voglio dire chiaramente oggi che uno dei modi per questa riforma è la convocazione di una convenzione per la revisione dei trattati. E’ una proposta del Parlamento Europeo e la approvo”. Secondo Macron la crisi finanziaria vissuta dieci anni fa, la pandemia, la guerra “ci hanno mostrato le nostre vulnerabilità e il rischio che se non rispondiamo con sufficiente forza e velocità a queste dipendenze, rischiamo di aggravarne le conseguenze”. “Se ripenso agli ultimi 15 anni – ha aggiunto Macron – di fronte alla crisi economica e finanziaria, ci è voluto troppo tempo per reagire. Il Portogallo e molti altri, la Grecia, hanno vissuto i drammi. Prima ci siamo divisi, siamo ricaduti nel nostro egoismo nazionale, abbiamo puntato il dito, non abbiamo fornito una risposta collettiva e sostanzialmente abbiamo detto alle persone di adattarsi a una realtà e a una crisi finanziaria che, vi ricordo, è stata importata dall’altra parte dell’Atlantico. La risposta è arrivata solo dalla Banca centrale europea e da una famosa formula, ‘whatever it takes’, pronunciata da Mario Draghi”.

E sull’Ucraina davanti alla decisione “unilaterale” della Russia di invadere l’Ucraina, Macron ritiene che “il nostro obiettivo è far cessare questa guerra il più rapidamente possibile, fare di tutto perché l’Ucraina possa reggere e perché la Russia non vinca, preservare la pace sul resto del continente europeo ed impedire qualsiasi escalation”. E definire le condizioni per un negoziato con la Russia “spetta solo all’Ucraina e non ad altri”.

Gozi: un gruppo dinamico per una Ue più potente

Leurodeputato di Renew Europe, Sandro Gozi, già ministro per le Politiche europee nel Governo Renzi afferma che “dal presidente francese abbiamo ascoltato l’impegno forte e chiaro per dare attuazione seria e concreta alle richieste dei cittadini alla Conferenza sul Futuro dell’Europa , quella stessa Conferenza che proprio Macron propose con grande lungimiranza già nel 2019 presentando la nostra lista Renaissance alle elezioni europee. Inoltre, ha annunciato il pieno sostegno alle richieste del Parlamento europeo e la volontà di convocare una Convenzione per procedere alla riforma dei Trattati e avanzare con un gruppo dinamico di Paesi per costruire un’Ue potente e sovrana, senza accettare veti da nessuno, e riorganizzare l’intero continente con una nuova comunità politica per tutti i popoli europei. Non possiamo avere né totem né tabù: l’abolizione della regola dell’unanimità al Consiglio nella gran parte degli ambiti decisionali della Ue è necessaria per dare forza all’Ue nel mondo. Così come sono necessarie l’introduzione del diritto di iniziativa legislativa del Parlamento e delle liste transnazionali, per costruire finalmente una vera democrazia europea”.

Von der Leyen: porte aperte all’Ucraina

Ma le porte dell’Europa resteranno aperte a chi vede nei nostri stessi valori.  La Ue, dice la vin der Leyeen “è un sogno nato dalla tragedia. Ma questo sogno splende non solo qui, in questo luogo storico, ma anche nei cuori e nelle menti delle persone che vivono a Kiev, a Kharkiv, a Odessa, a Mariupol e a Mikolaiv. Brilla ancora di più nel coraggio delle famiglie e dei giovani rifugiati nei bunker e nei seminterrati”. Anche la presidente della Commissione Ue ritiene  non più rinviabili le riforme istituzionali. “Già nel prossimo settembre, nel prossimo discorso sullo Stato dell’Unione – dice la von der Leyen –  bisogna andare oltre sul voto a maggioranza. Ho sempre detto che votare all’unanimità in alcuni campi non ha più senso, se vogliamo muoverci più rapidamente”.

Metsola: prossimo passo la Convenzione Ue

Fare presto è il mantra anche per la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola: “Sta a  noi – dice la presidente dell’Europarlamento – indicare la via più diretta per le riforme usando tutti i limiti di ciò che possiamo; La Conferenza sul Futuro dell’Europa dimostra che esiste una differenza tra quello che la gente si attende e ciò che l’Europa è in grado di realizzare al momento. Per questo serve una Convenzione come prossimo passo. Ed è su questo che il Parlamento Europeo insisterà”. L’Europa, aggiunge la Metsola “non ha mai avuto paura e ora è il momento di fare passi avanti, non indietro. Siamo ancora una volta ad un momento qualificante dell’integrazione europea e nessun suggerimento di cambiamento dovrebbe essere off limits, quale che sia il procedimento necessario”.

Tredici Paesi contro le modifiche ai Trattati

Un lavoro che non sarà certo  facile. Un gruppo di 13 Paesi Ue (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia) ha già diffuso un non-paper sostenendo che non è necessario modificare i Trattati. “Ricordiamo che la modifica del Trattato non è mai stata uno scopo della Conferenza – scrivono -. Mentre non escludiamo qualsiasi opzione in questa fase, non supportiamo tentativi sconsiderati e prematuri di farlo avviando un processo di modifica del Trattato. Ciò comporterebbe un serio rischio di prelievo energia politica lontano dagli importanti compiti di trovare soluzioni alle domande a cui i nostri cittadini si aspettano risposte e affrontano le sfide geopolitiche urgenti di fronte all’Europa”. Ma sono in molti a prevedere che queste obiezioni presto cadranno.

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