MA UNA LUNGA VITA ANCORA DAVANTI A SE’
VENEZIA – Tutto ebbe inizio quel 6 agosto del 1932 sulla terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido. I venti di guerra erano ancora lontani ma la necessità di reagire alla crisi economica del ’29 avevano spinto il conte Volpi di Misurata ad accettare una sfida nuova per rilanciare le sorti economiche e turistiche del Lido di Venezia. Occorreva misurarsi con la modernità, con il cinematografo inserendo nel comitato d’onore perfino quel Louis Lumiére che a buon diritto poteva considerarsi il padre della nuova arte. Non era ancora una Mostra ma, da allora, fece scuola e insegnò a tutto il mondo come organizzare mostre e festival cinematografici.
Mostra, convegno e un libro per i 90 anni
La Biennale di Venezia ha festeggiato il 9 luglio i 90 anni della Mostra. Lo ha fatto con una Mostra a Cà Giustinian di foto e documenti e con giornata di studio che ha visto la presenza del presidente della Biennale, Roberto Cicutto, dell’ex presidente, Paolo Baratta e del direttore della Biennale Cinema, Alberto Barbera. Quest’ultimo ha presentato l’edizione italiana della nuova “Storia della Mostra del Cinema di Venezia” realizzata dal professore Gian Piero Brunetta e frutto della collaborazione fra la Biennale e l’editore Marsilio. A spegnere le 90 candeline anche i ricordi di testimoni d’eccezione come la giornalista Natalia Aspesi, il regista Marco Bellocchio, il critico cinematografico Gianni Canova, la produttrice Marina Cicogna, il critico cinematografico francese Michel Ciment, lo storico Giovanni De Luna, le attrici Isabella Ferrari, Valeria Golino, Isabelle Huppert e Tilda Swinton, la regista tedesca Margarethe Von Trotta, la critica cinematografica Alessandra Levantesi Kezich, il critico cinematografico Paolo Mereghetti, lo storico del cinema Carlo Montanaro, Maria Francesca Piredda, ricercatrice dell’Università Cattolica di Milano, Jeff Sharp, produttore e direttore esecutivo statunitense del Gotham Film & Media Institute. Presenti in sala: Manitta Camerini, figlia del regista Mario Camerini, Peter Cowie, storico del cinema, Luca De Michelis, amministratore delegato di Marsilio Editori, Felice Laudadio, già direttore artistico del Settore Cinema della Biennale di Venezia e critico cinematografico.
In sala grande “Regen” e “Gli uomini, che mascalzoni” di Camerini .”
Una giornata proseguita con la proiezione serale nella Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido, di due capolavori presenti nel programma della prima edizione della Mostra del 1932: “Regen (Pioggia)” di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12′, copia dell’Eye Filmmuseum, Amsterdam) e “Gli uomini, che mascalzoni…” di Mario Camerini (Italia, 1932, 66′, copia della Cineteca Nazionale, Roma).
Cicutto: pensiamo a una lunga vita per la Mostra
“Dopo 90 anni – ha detto il presidente della Biennale Cicutto – la Mostra del Cinema sta bene, gode di ottima salute e questo perchè sa rigenerarsi ogni anno. Non solo la Mostra riflette quella che è la situazione del contemporaneo ma sa lanciare anche delle sfide, come ha fatto in tempi recenti con la sezione del virtuale e con l’esperienza del college, un laboratorio di sperimentazioni. Pensiamo a una lunga vita per la Mostra”.
Baratta: fondamenta solide, rispettata nel mondo
La Mostra di Venezia in quanto frutto di un’istituzione culturale autonoma “è consapevole è rispettata nel mondo e il suo successo ha fondamenta solide”, ha osservato Paolo Baratta, ex presidente della Biennale. Baratta, autore del recente volume storico “Il giardino e l’arsenale. Una storia della Biennale” (Marsilio, 2021), ha ripercorso tutti gli alti e i bassi della Mostra del Cinema in correlazione ai rapporti, spesso complessi, tra la Biennale e la Mostra stessa, cioè tra la madre e la figlia. “Anche la dea Nemesi a volte sa essere garbatamente ironica – ha detto Baratta – una vicenda di vent’anni che inizia con la minaccia di portare la Mostra a Cinecittà finisce con il chiamare da Cinecittà colui che oggi ne garantisce l’autonomia”, cioè il presidente in carica della Biennale, Roberto Cicutto.
Baratta: emblematica la retromarcia di Variety
Baratta ha poi citato il caso di “Variety” e di come per anni quel giornale, strumento primario di informazione nel cinema, rifiutava di ammettere tutte le novità della Biennale e persino la sua esistenza. Con saputo sarcasmo e fedele ai clichet in auge lasciava intendere che quel che accadeva qui ‘in the Venice film festival’ (per cui anch’ìo ero the president of the festival) era comunque frutto delle pastette politiche tipiche italiane. “Ebbene – ha precisato Baratta – la scorsa estate è uscito da ‘Variety’ l’annuncio che il loro ‘Award in international film achievement’ era quell’anno assegnato ad Alberto Barbera e alla Biennale di Venezia. Nel comunicato si leggeva ‘non abbiamo mai onorato un direttore di festival né un festival cinematografico prima d’ora, ma è del tutto appropriato che Alberto Barbera e la Biennale siano i primi ad avere questo riconoscimento!’ Udite, udite! vien riconosciuto il ruolo della Biennale! Per far pronunciare quel nome dal più acuto e pettegolo dei giornali internazionali del cinema ci sono voluti vent’anni, ma ci siamo riusciti Ah! Che fatica la reputazione!”.
Il Festival che ha saputo anticipare i cambiamenti
E Barbera sulla “madre” di tutti i festival cinematografici afferma: “La storia della Mostra è una storia di continuità rispetto alla difesa di certi valori (come il cinema d’autore, l’espressività, la creatività contro l’omogenizzazione dell’industria culturale) e al tempo stesso è una storia di discontinuità, di rotture, di salti, di trasformazioni. E proprio grazie a questa storia positivamente non lineare, per certi aspetti, la Mostra è stata capace di inseguire ed anche anticipare le grandi trasformazioni culturali del mondo cinematografico. Posso dire con un certo orgoglio che la Mostra di Venezia è il festival che più ha saputo innovarsi e stare dietro alle trasformazioni del cinema sapendo far proprie le innovazioni”
Barbera: la prossima Mostra senza muri antiCovid
Una Mostra che ha subito tutti i contraccolpi della pandemia ma che non si è lasciata piegare. E con la prossima edizione che si terrà al Lido dal 31 agosto all’10 settembre, ha annunciato Barbera, “finalmente torneremo alla presenza completa, alla piena capienza delle sale. Alle proiezioni il pubblico potrà essere presente al 100 per cento. Naturalmente useremo tutte le precauzioni necessarie sul fronte della prevenzione del Covid e inviteremo il pubblico a usare le mascherine al chiuso. Non c’è l’obbligo di mascherine nelle sale e quindi non possiamo imporlo”. Quanto al ‘muro anti Covid’ che nelle ultime due edizioni ha oscurato per il pubblico la visione del red carpet per evitare assembramenti, “quest’anno non dovrebbe esserci”. Barbera ha confermato la presenza della major americane e la presenza di divi anche se “la mostra avrà le stesse sezioni e caratteristiche dell’anno scorso: ci saranno molti film, opere di autori affermati ma avremo anche molte scoperte, presenteremo nuovi talenti provenienti da tutto il mondo. Durante la nostra ricognizione annuale, ancora una volta abbiamo constato che si produce tantissimo e in ogni parte del mondo”.